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IL COMPITO DEL PADRINO NEL BATTESIMO (E NELLA CRESIMA) E LA FIGURA DEL “TESTIMONE”. TUTTA LA CHIAREZZA POSSIBILE

In occasione della richiesta di un battesimo o della celebrazione della cresima sempre più frequentemente si pone la questione dei requisiti richiesti nel padrino o nella madrina. Non di rado diventa motivo di profondo dispiacere, se non di indignazione, nelle persone che si vedono escluse da tale compito per motivi riguardanti una loro condizione di vita che non risponde all’ideale cristiano e alle indicazioni della Chiesa (ad esempio i frequenti casi di conviventi, di divorziati con nuova unione ecc.). Il compito del padrino e della madrina è quello di aiutare i genitori nell’educazione della fede del bambino con l’insegnamento e l’esempio. Nel contesto attuale di scristianizzazione dilagante che tocca la vita pubblica e sociale (pensiamo, solo per fare un esempio, alla eliminazione dei segni religiosi nelle scuole) tale compito è più importante che mai! In un passato non molto lontano bene o male la fede si “respirava” nell’aria; oggi non è più così. Nella trasmissione della fede perciò è quanto mai importante la famiglia e la comunità cristiana, rappresentata in qualche modo dalle figure del padrino e della madrina. Cosa dice la Chiesa a loro proposito? Riportiamo integralmente un canone (articolo) del Codice di Diritto Canonico, riferimento normativo della Chiesa universale:
 I PADRINI
Can. 872 – Al battezzando, per quanto è possibile, venga dato un padrino, il cui compito è assistere il battezzando adulto nell’iniziazione cristiana, e presentare al battesimo con i genitori il battezzando bambino e parimenti cooperare affinché il battezzato conduca una vita cristiana conforme al battesimo e adempia fedelmente gli obblighi ad esso inerenti.
Can. 873 – Si ammettano un solo padrino o una madrina soltanto, oppure un padrino e una madrina.
Can. 874 – §1. Perché uno possa essere ammesso all’incarico di padrino, è necessario che:
1) sia designato dallo stesso battezzando o dai suoi genitori o da chi ne fa le veci oppure, mancando questi, dal parroco o dal ministro e abbia l’attitudine e l’intenzione di esercitare questo incarico;
2) abbia compiuto i sedici anni, a meno che dal Vescovo diocesano non sia stata stabilita un’altra età, oppure al parroco o al ministro non sembri opportuno, per giusta causa, ammettere l’eccezione;
3) sia cattolico, abbia già ricevuto la confermazione e il santissimo sacramento dell’Eucaristia, e conduca una vita conforme alla fede e all’incarico che assume;
4) non sia irretito [ndr: colpito] da alcuna pena canonica legittimamente inflitta o dichiarata;
5) non sia il padre o la madre del battezzando.
§2. Non venga ammesso un battezzato che appartenga ad una comunità ecclesiale non cattolica, se non insieme ad un padrino cattolico e soltanto come testimone del battesimo.
Fin qui la norma generale della Chiesa Cattolica. In quest’ottica va compreso quanto afferma sul compito dei padrini e delle madrine un importante documento dei vescovi italiani (Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia, 2014): “Grande cura andrà, quindi, riservata a quanti, all’interno dell’ambiente familiare o comunitario, possono essere scelti per rivestire tale ruolo: lungi dallo svilirli a livello pratico, si tratta di prepararne la scelta, la qualificazione e la valorizzazione (…) a questo proposito, si è ben consapevoli delle difficoltà emergenti dalla concreta situazione pastorale, a volte inesorabilmente tentata di vedere nella richiesta della presenza dei padrini una sorta di adempimento formale o di consuetudine sociale in cui rimane ben poco visibile la dimensione di fede. Va assunta pienamente la sfida di ridare a queste figure il ruolo che la tradizione della Chiesa le ha consegnato fin dal catecumenato antico. Per questo la scelta del padrino e della madrina va fatta curando che sia persona matura nella fede, rappresentativa della comunità, approvata dal parroco, capace di accompagnare il candidato nel cammino verso i sacramenti e di seguirlo nel resto della vita con il sostegno e l’esempio (n. 70).
Lo stesso documento aggiunge inoltre un particolare importante, estendendo il significato della figura del “testimone”, contenuta già nella norma del Codice di Diritto Canonico sopra riportata: “Si demanda alle Conferenze episcopali regionali il discernimento in materia e la valutazione dell’opportunità pastorale di affiancare – solo come testimoni del rito sacramentale – quelle persone indicate dalla famiglia che, pur non avendo i requisiti prescritti, esprimono pur sempre una positiva vicinanza parentale, affettiva ed educativa” (n.70).
Per quanto mi risulta, fino ad oggi in Italia i vescovi del Triveneto e della Sardegna hanno già adottato la figura del “testimone”. Non si tratta in senso proprio del padrino (o della madrina). Sebbene tutta l’assemblea liturgica presente al rito è testimone dell’iniziazione cristiana di chi riceve il sacramento, tale termine, in questo contesto, indica colui al quale la famiglia del battezzando (e cresimando) riconoscono una particolare vicinanza affettiva. In attesa che anche i vescovi delle Marche diano su questa materia una indicazione precisa, nelle parrocchie di Montegranaro acconsentiamo alla richiesta della figura di un (o una) solo testimone che affianca un solo padrino (o madrina) che abbia i requisiti richiesti dalla normativa della Chiesa universale. Per qualsiasi chiarimento o approfondimento vi rimandiamo al dialogo con noi sacerdoti.