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Riflessione

La “Gionata della Memoria”. Impressioni della visita al memoriale Yad Vashem a Gerusalemme

Di Maurilio Pompei.  Arbeit macht frei, vale a dire “Il lavoro rende liberi”. Era questo il motto posto all’ingresso dei numerosi campi di concentramento nazisti tedeschi prima e durante la seconda guerra mondiale. Ancora oggi, ad imperitura memoria, è la stessa scritta che si legge quando si varca il cancello di ingresso dell’ex campo di concentramento di Auschwitz (Oswiecim in polacco). Visitare quel luogo, oltrepassare quel cancello, osservare le baracche costruite a suo tempo per internare gli ebrei, le stanze adibite a camere a gas, i forni crematori, rimanere esterrefatti nel vedere esposte nelle bacheche (di quello che oggi è il museo/memoriale di Auschwitz-Birkenau), gli effetti personali, i capelli tagliati ai prigionieri prima del loro ingresso nella camera a gas, rappresenta una presa di coscienza per comprendere pienamente fino a che punto l’essere umano è capace di arrivare. Visitare il museo/memoriale di Auschwitz, simbolo del genocidio degli ebrei, luogo intriso di storia ma soprattutto di atrocità, rappresenta un viaggio nel profondo dell’anima, è gettare lo sguardo sulla nostra storia recente per riflettere ed indignarci, ma anche e soprattutto un visitandum est utile per trovare un punto di partenza al fine di provare a creare una nuova società dell’amore. Da qui, da questo luogo di orribili oscenità lo scrittore Primo Levi prese spunto per scrivere un’opera meravigliosa – “Se questo è un uomo” – che altro non è se una meditata testimonianza di quanto vissuto in un lager satellite del complesso di Auschwitz. Il testo venne scritto non per muovere accuse ai colpevoli, ma come testimonianza  di un avvenimento storico e tragico. Da qui alla ricorrenza del Giorno della Memoria il passo è breve. Quest’ultima infatti è una ricorrenza istituita per ricordare gli atroci fatti avvenuti durante il periodo nazista e le persone a cui è stata negata vita e dignità durante la Shoah. Il termine Shoah, vale a dire Olocausto, sta ad indicare il genocidio perpetrato dalla Germania nazista e dai suoi alleati nei confronti degli Ebrei d’Europa nei campi di concentramento. Nel mese di agosto 2018, durante il pellegrinaggio in Terra Santa organizzato dall’Unitalsi, i pellegrini montegranaresi hanno avuto l’opportunità di visitare a Gerusalemme il memoriale istituito dall’Ente per la memoria della Shoah vale a dire lo Yad Vashem. Il memoriale nelle sue molteplici stanze documenta e tramanda la storia del popolo ebraico durante la Shoah preservando la memoria di ognuno delle sei milioni di vittime. Inutile sottolineare che si è trattata di una visita che ha lasciato noi pellegrini in Terra Santa senza parole, sconcertati, impotenti, oserei dire indignati, davanti a quelle centinaia di foto di persone alle quali veniva tolta la dignità di persona, la speranza di vivere in cambio della certezza di una sofferenza atroce. Vedendo e ascoltando quelle persone che raccontavano la propria testimonianza, nei vari video presenti nelle numerose stanze del memoriale, potevi ammirare la fierezza del loro essere uomini, testimoni oculari di una tragedia incommensurabile. Voglio però porre l’accento in particolare su tre sale che hanno colpito in particolar modo la sensibilità di noi tutti: la Sala della Memoria, dove al centro vi è la Fiamma Eterna, una fiamma che arde continuamente sia di giorno che di notte, la Sala dei Nomi, circolare, dove nel corso degli anni a divenire dovrebbero trovare posto tutte le biografie di ogni vittima dell’Olocausto ed infine il Memoriale dei Bambini. In tutte queste tre sale una cosa regnava sovrana più di tutte: il silenzio. Un silenzio pieno di significato, un silenzio assordante, tanto da poter riuscire a percepire ancora in maniera struggente le urla dei bambini, il pianto di ognuna delle 6.000.000 di persone alle quali l’Olocausto spense il sorriso, la vita ma che da queste sale del memoriale urlano al mondo una parola sola: PACE! Il 27 gennaio è una data, una commemorazione, durante la quale non si possono e non si devono dimenticare le tragedie dell’olocausto, una data importante per condividere, sensibilizzare le persone in relazione a quella che è stata una delle più terribili e imperdonabili azioni dell’uomo.