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Riflessione

Montegranaro ricorda Italo “il Sacrestano”

 

Nell’organizzazione parrocchiale il sacrestano (oggi ribattezzato con la più sofisticata definizione di sagrista) era l’insostituibile ombra del parroco pronto a non far mancare l’occorrente per una dignitosa celebrazione liturgica; lo stesso ruolo continua ancora oggi in tanti bravi ed appassionati uomini e donne che sono dediti a quel luogo dove ci si prepara e si prepara la vita di preghiera della comunità cristiana. A volte, prima degli Uffici dei Beni Culturali furono essi a custodire, anche se in maniera non professionale, i tesori delle nostre Chiese e mentre i parroci si succedevano, essi rimanevano al loro posto e con la stessa premura continuavano a servire coloro che il vescovo inviava, senza tradire simpatie o nostalgie. Nel paese di Montegranaro chi ha frequentato la vita parrocchiale non ha potuto non essersi accorto della mitissima figura di Italo, sacrestano di generazioni di pievani della città. Sarebbe più indicato dire che di Italo non ci si accorgeva: il suo passo era in punta di piedi, la sua voce dolce, le sue parole sempre pronte a dire bene e a scusare quanto non era bene. Lui che aveva vissuto giorno per giorno con i curati montegranaresi conosceva di loro ogni minimo particolare, così come conosceva ogni particolare delle chiese del paese (paramenti, suppellettili, quadri, statue). Quando il 9 febbraio 2009 Italo, dopo una malattia accettata con l’abbandono proprio dell’uomo di fede, è salito al cielo, fu spontaneo pensare: “E’ morto un santo”. Tale lo riteneva la gente. Non è la solita epopea dell’uomo che appena muore lo si canonizza anche senza meriti. Di Italo si poteva soltanto dir bene; non lasciava mai trapelare le difficoltà, le tensioni … Italo era positivo, perché si era accorto che il bene che riusciva a compiere con discrezione e con impegno costante lo rendeva contento. La positività era contagiosa … si sentiva il bene che lui anche inconsapevolmente riusciva a trasmettere. Potremmo dire una positività nell’umiltà, lato caratteristico della sua personalità semplice ma brillante. Ricordo una volta quando una persona si complimentò con lui per aver lucidato perfettamente una statua facendone risaltare tutta la lucentezza, Italo si schernì quasi scusandosi: “Non sono stato io, è stato il prodotto che gli ho dato!!!” Italo ha insegnato ad essere a servizio senza diventare padrone e senza rivendicare privilegi (non ha mai partecipato ad un pranzo ufficiale della parrocchia e non si è lasciato mai ritrarre in nessuna fotografia). Nel giorno della mia prima celebrazione eucaristica l’ho per caso ritrovato ritratto in una foto scattata dal fotografo alla gente dietro al palco, dov’era posizionato l’altare. Italo è il santo non da posizionare sugli altari, in mostra, ma dietro l’altare testimonianza di quella frase evangelica che non sappia la destra ciò che fa la tua sinistra. Negli ultimi giorni, sul letto di morte, sempre cosciente, stringeva il suo crocifisso e parlava poco: silenzio e preghiera. All’approssimarsi della morte ai familiari che lo accudivano con un fil di voce per tre volte annunciò con chiarezza: Arrivederci in paradiso. Le ultime parole di un vero testimoniare che ha gridato il Vangelo con la vita. Tarcisio Chiurchù